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La voix humaine

Alessia Sibilla

Allestimento teatrale per “La voix humaine” di Jean Cocteau

SINOSSI 

Su un vagone della metropolitana viaggia una donna, sola e con l’aspetto sconvolto. Si arranca sui sedili della metro cercando di mantenersi ai pali, come se fosse stordita da qualche sostanza. I suoi abiti suggeriscono un ceto sociale benestante, seppur indossati in modo distratto e sciatto. 

La tratta del treno è sconosciuta, ma per tutto il viaggio la protagonista è intenta a parlare al telefono. Lo spettatore si ritrova ad ascoltare la sua conversazione come se si trovasse sulla banchina opposta della stazione metropolitana. La telefonata viene interrotta più volte a causa della linea che cade, dei forti rumori della metropolitana o di alcune persone che la disturbano.

Lo spazio attorno a sé è come gelato in un’atmosfera fredda e asettica, mentre il tempo sembra essersi fermato. Le persone sono immobili e la protagonista non si cura della loro presenza, conduce la sua conversazione esternando ogni emozione, senza trattenersi più del dovuto. Il pubblico, anche quello sullo stesso vagone, è costretto quindi ad assistere alla sua disperazione con indifferenza e ad entrare nella sua vita come un vero e proprio voyeur. 

Non si conoscono molti dettagli, come ad esempio chi è l’interlocutore e perché quella telefonata ha luogo proprio lì e in quel momento, ma da alcune risposte della donna si intuisce stia parlando con il suo ex compagno, probabilmente una telefonata di addio nella quale lei fa riferimento ad un abbandono, ad un’amante e anche al suo tentato suicidio con delle pillole di sonnifero. Quest’ultimo – probabile causa del suo stato – lo confessa sottovoce, come per non farsi sentire da chi le sta attorno. 

Pochi dettagli, e anche confusi, descrivono una storia di profonda sofferenza causata dalla fine di una storia d’amore che la donna fa fatica ad accettare. Alla fine, la protagonista esce di scena dalla porta centrale della metro, le luci si spengono e il forte rumore di uno schianto chiude lo spettacolo.

Questa è la visione che ho voluto dare a La voix humaine di Jean Cocteau. È nata dalla riflessione sulla vita quotidiana e racconta di una dinamica molto comune da qualche decennio, quando la possibilità di conversare telefonicamente si è allontanata dai luoghi privati ed è arrivata ovunque. 

Sui mezzi di trasporto si è abituati ormai ad ascoltare conversazioni altrui di ogni tipologia. Tutti almeno una volta abbiamo dovuto affrontare una conversazione al di fuori delle nostre case o di un luogo più appartato, noncuranti delle conseguenze che può avere raccontare pubblicamente fatti privati. L’invasione della privacy è così diffusa che ci sembra normale, ascoltiamo di tutto con indifferenza, arrivando persino a non vedere neanche più chi ci sta attorno.

Questa non è solo la storia di un pubblico che ascolta una conversazione privata, ma si tratta del racconto di una società indifferente e concentrata sulla propria individualità. Vuole essere una riflessione a 360 gradi su ciò che viviamo ogni giorno, a prescindere se siamo noi in prima persona a fare quella telefonata o se siamo gli ascoltatori. In entrambi i casi abbiamo la responsabilità di vivere su questo pianeta rispettando l’esistenza dell’altro.

ALLESTIMENTO 

L’idea è quella di ricreare una stazione della metropolitana, alzando la scena con un praticabile che, a livello del boccascena, ricrea il muro della banchina; come se il pubblico si trovasse nella parte opposta della stazione. Le guide tattili sul pavimento, le plafoniere al neon e il muro della galleria ricreano l’ambiente fedelmente, donando alla scena il tipico aspetto di una stazione metropolitana.

Il vagone è sezionato per la sua lunghezza ed è posto parallelamente al pubblico. Ai lati due quinte dotate di un pannello specchiante, riflettono il muro e il vagone dando l’effetto ottico di infinito, come se la galleria e il treno continuassero sia a destra che a sinistra. 

Alcuni manichini bianchi sono presenti nel vagone come se fossero dei passeggeri: chi in piedi, chi seduto o appoggiato ai muri della metro. Questi rappresentano la distorsione della realtà della protagonista, rimangono immobili e silenziosi come se non esistessero, ma sono presenti e ascoltano.

Il bagliore verde pallido delle luci fluorescenti crea un’atmosfera asettica e spettrale. Le pareti, rivestite di piastrelle bianche fredde, riflettono la luce verde e il suono dei treni che si avvicinano e si allontanano si mescola con il ronzio costante dei neon, contribuendo a un’atmosfera fredda e disagevole.

In questo ambiente, dove l’interazione umana è quasi nulla, la sensazione di freddo, tanto fisico quanto emotivo, avvolge l’ambiente, conferendo un’aura di disagio e disorientamento.